Le tasse pagate dai frontalieri a San Marino non si detraggono interamente in Italia

Il credito spettante in Italia per le imposte pagate a San Marino deve essere calcolato riproporzionando l’imposta estera versata al rapporto esistente tra il reddito ridotto della franchigia tassato in Italia e quello lordo tassato nella Repubblica di San Marino.
A tale conclusione arrivano due sentenze, la n. 222 del 14.04.2025 e la n. 229 del 26 maggio 2025, della Corte di Giustizia Tributaria di Rimini, le quali escludono che, anche in presenza esclusivamente per il frontaliere del reddito prodotto a San Marino, le imposte pagate all’estero devono necessariamente essere riparametrate tenendo in considerazione la franchigia di esenzione scontata in Italia.

Il caso.

Per entrambi i casi esaminati dalle due sentenze citate, la questione riguarda un contribuente italiano frontaliere il quale lavora a San Marino. Si ricorda che per i lavoratori frontalieri in genere opera una franchigia di esenzione indicata nell'articolo 1, comma 175, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 e che per il 2025, per effetto dell’articolo 4 della legge 13 giugno 2023, n. 83, è fissata in euro 10.000.
L’art. 165 comma 1 del Tuir prevede che, in presenza di redditi prodotti all’estero, le imposte qui pagate sono ammesse in detrazione all’imposta netta italiana fino alla concorrenza della quota corrispondente all’importo tra i redditi prodotti all’estero e il reddito complessivo del soggetto dichiarante. Nel caso, quindi, di un frontaliere che ha solo ed esclusivamente il reddito da lavoro estero, in via generale si possono scomputare tutte le imposte pagate all’estero da quella netta dovuta in Italia.
Tuttavia, secondo i giudici riminesi, tale regola deve essere letta assieme al successivo comma 10 del medesimo art. 165, il quale prevede che nel caso in cui il reddito prodotto all’estero concorra “parzialmente alla formazione del reddito complessivo” anche l’imposta estera detraibile “va ridotta in misura corrispondente”.

Il caso operativo.

Il caso che prendono in esame le due sentenze è sostanzialmente lo stesso: un lavoratore dipendente frontaliere italiano che presta la sua attività a San Marino. Per rendere più comprensibile la questione in discussione, è utile fornire un esempio pratico. Ipotizziamo di trovarci di fronte a un italiano che lavora a San Marino e qui percepisce un reddito lordo pari ad euro 39.615,00. L’imposta pagata all’estero è pari ad euro 4.570,00. In sede di compilazione della dichiarazione in Italia, per effetto della franchigia pari euro 10.000,00 accennata sopra, in Italia indicherà un reddito imponibile IRPEF pari ad euro 29.615,00.
Seguendo l’interpretazione restrittiva offerta dalla Corte di Giustizia Tributaria riminese, le imposte da scomputare a quelle da pagare in Italia non saranno pari all’intera somma versata a San Marino, e cioè 4.570,00 euro, ma bensì l’importo risultante da questo calcolo:
reddito netto italiano / reddito lordo sammarinese = % di incidenza del reddito italiano
imposte estere deducibili = imposte lorde estere X %di incidenza del reddito italiano
In numeri:
euro 29.615 / euro 39.615 = 74,75%
Imposte estere deducibili = euro 4.570,00 x 74,75% = euro 3.416,07

Le sentenze tributarie.

Delle due sentenze indicate sopra, quella più strutturata sul piano dell’interpretazione della normativa in esame è senz’altro la sentenza n. 222/2025, che qui viene ripresa per illustrare compiutamente i termini della decisione.
Il giudice tributario nel formulare il suo giudizio, si richiama ai principi espressi nella sentenza n. 7355/2012 della Corte di Cassazione la quale enuncia la stretta connessione fra il comma 1 (principio generale di scomputo delle imposte pagate all’estero) e il comma 10 (limitazione allo scomputo delle imposte pagate all’estero) dell’art. 165 del Tuir. Secondo gli Ermellini, il comma 1 detta una proporzionalità fra le imposte pagate all’estero e quelle da scontare in Italia: la detrazione delle prime non può superare, come recita il comma 1, la quota corrispondente tra i redditi prodotti all’estero ed il reddito complessivo del contribuente. Sulla base di tale assunto, quindi, la connessione con il successivo comma 10 è evidente: la Cassazione scrive che senza tale previsione, cioè una riduzione proporzionale dell’imposta estera sulla base del reddito estero tassabile in Italia, ci si troverebbe di fronte a una detraibilità delle imposte pagate all’estero maggiore del rapporto previsto tra i redditi prodotti all’estero e quello complessivo. Sulla base di questa logica, quindi, “la prevista riduzione dell’imposta estera in misura corrispondente al solo parziale concorso […] non costituisce, quindi, una disposizione autonoma (ed avulsa) da quella del comma 1 ma, evidentemente, integrativa della stessa, dovendosi rispettare entrambi i parametri legali di detraibilità posti dalle due disposizioni”.

Conclusione e criticità aperte.

Le due citate sentenze della Corte di Giustizia Tributaria di Rimini si pongono, in realtà, in contrasto con la sentenza n. 129/2019 della Commissione Tributaria di Forlì, confermata dalla Corte di Giustizia dell’Emilia Romagna con sentenza n. 944/2023. Ma non solo! Le due sentenze in commento si pongono in contrasto anche con la sentenza n. 91/2025 della stessa Corte di Giustizia Tributaria di Rimini, anche se di diversa sezione (la sezione due per le sentenze n. 222 e 229 e la Sezione uno per la 91). Quest’ultima, che è precedente di pochi mesi rispetto alle due in commento, si allinea alle decisioni dei giudici tributari di Forlì e della Corte Regionale, ritenendo non essere applicabile al caso di un lavoratore frontaliere la riparametrazione delle imposte pagate a San Marino così come qui illustrato. Non tutti i giudici tributari, dunque, sono d’accordo nel ritenere parziale la detrazione in Italia, per i frontalieri, delle imposte pagate all’estero, nel caso di specie a San Marino.
Regna, dunque, una certa confusione interpretativa sulla questione, con alterne interpretazioni anche all’interno delle stesse Corti di Giustizia Tributaria provinciali. Si auspica, dunque, una veloce presa di posizione da parte della Cassazione, per evitare lunghi contenziosi.  

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