Le nuove ricette per prodotti in scatola possono fruire del credito ricerca e sviluppo
Scritto da Giovanni Benaglia
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La valutazione in merito alla possibilità per le ricette per nuovi prodotti in scatola di godere dell’agevolazione per la Ricerca e Sviluppo deve essere fatta da un esperto del settore e non solamente dai funzionari dell’Agenzia delle Entrate, perché non hanno le competenze necessarie per giudicare l’innovazione tecnica nei settori produttivi.
Questo è il principio espresso dalla sentenza n. 166/2024 emessa dalla Corte di Giustizia Tributaria di primo grado di Rimini in data 09 settembre 2024 e pubblicata il giorno 02 ottobre 2024.
Il caso.
L’Agenzia delle Entrate ha provveduto a emettere degli avvisi di recupero nei confronti di una cooperativa agricola che oltre a trasformare i prodotti agroalimentari, si adopera anche a trovare nuove produzioni, nuove ricette per prodotti confezionati, nuove produzioni agricole, il tutto da destinare poi a una futura commercializzazione. Nello specifico l’attività che ha beneficiato del credito di imposta per la ricerca e sviluppo ha riguardato l’elaborazione di nuove ricette, basate anche sulla ricerca di nuove materie prime, un nuovo packaging e un nuovo marchio.
Secondo l’Ufficio la ricerca svolta non ha permesso di superare un ostacolo scientifico ma semplicemente ha prodotto una modifica del gusto e dell’aspetto estetico dei prodotti già commercializzati dalla cooperativa stessa. Inoltre i costi utilizzati per calcolare il credito di imposta hanno riguardato unicamente quelli del personale, senza peraltro identificare in maniera certa che questi si riferissero alla supposta attività di ricerca e sviluppo.
Secondo l’Ufficio, sulla base anche dei parametri espressi dal Manuale di Frascati, il contribuente non ha diritto al credito in materia di R&S in quanto la sua attività difetta del carattere innovativo.
La decisione.
I Giudici di Primo Grado, nell’accogliere il ricorso del contribuente, partono con l’osservare che per valutare correttamente se un’attività svolta sia da considerare effettivamente come ricerca e sviluppo e non una mera attività ordinaria si necessita di competenze tecniche che l’Agenzia delle Entrate oggettivamente non possiede. A tal proposito la norma agevolativa, all’art. 3 del D.L. 145/2013, prevede che venga attivato il Ministero dello Sviluppo Economico quale consulente per fornire pareri sulla effettività attività di ricerca e sviluppo svolta dal contribuente.
Consulenza che nel caso di specie l’Ufficio non ha richiesto, svolgendo una verifica esclusivamente documentale della questione.
Sul punto i Giudici osservano che nel nostro ordinamento è compito del contribuente provare che possiede i requisiti per avere diritto ad agevolazioni, specie quelli nell’ambito dei crediti di imposta. Se nell’ambito dell’accertamento, come nel caso in esame, il contribuente produce elementi tecnici specifici quali perizie, brevetti riconosciuti dagli organi competenti, convenzioni di ricerca con Università, l’Agenzia delle Entrate può ritenerli non congrui solo se è in possesso di una valutazione espressa da un organo competente, quale può essere il Ministero dello Sviluppo Economico. Diversamente, in sede di eventuale giudizio, sarà compito del Giudice valutare se quanto prodotto dal contribuente a supporto della sua tesi è fondato: non avendo una prova diversa perché l’Ufficio non l’ha prodotta, non può che ritenere convincente, come nel caso di specie, quanto presente agli atti, a maggior ragione se la cooperativa ha ottenuto dei riconoscimenti sul carattere innovativo dell’attività di ricerca e sviluppo oggetto di contestazione.
Scrivono i giudici riminese, a riguardo anche della questione delle ricette dei nuovi prodotti: “stabilire se c’è stata una valutazione delle sementi e dei terreni in cui è stata effettuata la raccolta dei prodotti base, se si tratta di prodotti più resistenti ai parassiti, ovvero se sono semplicemente più longevi, così come stabilire se siamo di fronte ad un semplice mix di prodotti già esistenti con la conseguente riformulazione del gusto e dell’aspetto estetico, ovvero un mix di erbe o ortaggi innovativo, implica una valutazione effettuata proprio da specialisti del settore”.
Sulla questione, poi, dell’indicazione del solo costo del personale quale elemento formante il credito di imposta, per la Corte di Giustizia la norma non esclude che tutto il personale possa essere impiegato nell’attività di ricerca e sviluppo. E’ una scelta imprenditoriale, che tra l’altro può trovare riscontro nella necessità di adeguarsi più velocemente ai mutamenti del mercato.
Infine ce n’è anche per il Manuale di Frascati, il quale indubbiamente può essere un valido aiuto per valutare i progetti di R&S, ma non può diventare l’unico supporto interpretativo vincolante. Così come il Manuale di Oslo, questi sono da considerare “strumenti tecnici, cui fare riferimento per acquisire informazioni utili per supportare le proprie basi concettuali e metodologiche, privi tuttavia di valore vincolante”.