Gli eredi che rivalutano nuovamente le partecipazioni del defunto non hanno diritto al rimborso di quanto pagato da quest’ultimo

Nell’ambito dell’imposta sostitutiva sulla rivalutazione delle partecipazioni ex art. 5 L. 448/2001, gli eredi del contribuente defunto che in vita ha effettuato una prima rivalutazione delle partecipazioni, non hanno diritto al rimborso di quanto pagato da quest’ultimo, nel caso in cui gli stessi procedano successivamente a una seconda rivalutazione.
L’interessante principio di diritto è contenuto nella sentenza della Corte di Cassazione n. 31263/2023 del 07 luglio 2023 e pubblicata il 09 novembre 2023. La decisione degli Ermellini trae origine dalla richiesta di rimborso avanzato dagli eredi di un contribuente defunto che in vita aveva versato la prima rata dell’imposta sostitutiva sulla rivalutazione delle partecipazioni. Il motivo della richiesta di rimborso avanzata risiedeva nel fatto che gli eredi, una volta acquisite le partecipazioni, avevano provveduto anch’essi a versare l’imposta per una seconda rivalutazione.
Di fronte al diniego avanzato dall’Ufficio i contribuenti hanno presentato ricorso in primo grado, vedendosi però negate le proprie richieste. La Commissione Tributaria Regionale ribalta la sentenza di primo grado e dispone il rimborso così come richiesto dai contribuenti.  Contro questa decisione propone ricorso l’Agenzia delle Entrate, eccependo che la decisione dei Giudici di Secondo grado è da ritenersi sbagliata e in contrasto sia con la normativa che con la giurisprudenza. Ciò in quanto una volta pagata l’imposta da parte del contribuente, poi deceduto, eventuali scelte successive rimangono esclusivamente personali e non possono essere “ereditate” dai familiari.
La Cassazione riconosce fondate le tesi avanzate dall’Ufficio. In via preliminare osserva che l’adesione alla rivalutazione rappresenta una dichiarazione di volontà irretrattabile e, come tale, può essere modificata sono nel caso di un errore obiettivamente riconoscibile ed essenziale. Il pagamento dell’imposta sostitutiva rappresenta, dunque, la ferma volontà del contribuente ad aderire all’istituto agevolato, non potendo semplicemente egli stesso ammettere di “essersi sbagliato”. Neanche in vita, dunque, secondo la Cassazione un soggetto può chiedere il rimborso di quanto pagato a titolo di imposta sostitutiva. L’unico modo per modificare la scelta iniziale è quello di procedere a una nuova rivalutazione.
Con la successione, osservano sempre gli Ermellini, gli eredi non sono diventati titolari del diritto al rimborso della prima rivalutazione, perché questo diritto rimane in capo solo ed esclusivamente al contribuente che ha pagato la prima volta e solo se effettua una nuova rivalutazione. Gli eredi diventano semplicemente titolari della partecipazione del defunto. Conclude la Cassazione osservando che il diritto al rimborso, pertanto, spetta soltanto al soggetto che abbia già versato l’imposta sostitutiva in occasione della prima rivalutazione, e ciò proprio in virtù del carattere personale dell’opzione fiscale sopra specificata, che si caratterizza per essere una dichiarazione di volontà non revocabile”.

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