Il diritto di ispezione dei soci delle Srl non può essere illimitato e indefinito

Il diritto di accesso dei soci delle srl riconosciuto dall’art. 2476 c. 2 del Codice Civile non può essere illimitato e indefinito, ma deve essere circostanziato e specifico, in modo da non compromettere la gestione sociale né ostacolare lo svolgimento regolare dell’attività della società destinataria della richiesta.
Questo il principio espresso dal Tribunale Ordinario di Bologna, sezione Impresa, con propria ordinanza n. 10947/2025 del 26 ottobre 2025 in merito alla corretta interpretazione dell’art. 2476 c. 2 del Codice Civile, che norma il diritto di ispezione del socio non amministratore.

Il caso.

Il Tribunale bolognese è stato chiamato a decidere su un caso sollevato da un socio di una società a responsabilità limitata il quale lamentava di non aver ottenuto un riscontro positivo alla sua richiesta di ispezione dei documenti societari. La società, costituitasi in giudizio, di contro, aveva evidenziato il fatto che la richiesta del socio era stata formulata in modo generico e sproporzionato a tal punto che si era arrivati a chiedere di verificare tutta la documentazione sociale e contabile, senza indicare elementi precisi di indagine, facendo diventare la richiesta di accesso come un controllo generalizzato dell’attività dell’amministratore unico.

La decisione.

Il Tribunale delle imprese di Bologna, nel rigettare la richiesta avanzata dal socio di avere riconosciuto il proprio diritto di ispezione così come formulato, ricorda che questo diritto è previsto dall’art. 2476 c. 2 del Codice Civile; esso permette, ai soci che non partecipano all’amministrazione, di “avere dagli amministratori notizie sullo svolgimento degli affari sociali e di consultare, anche tramite professionisti di loro fiducia, i libri sociali ed i documenti relativi all’amministrazione”.
I giudici affermano, poi, che il diritto di ispezione ha la finalità di garantire trasparenza e controllo sulla gestione sociale ma non può considerarsi illimitato e deve essere esercitato “nel rispetto dei principi generali di correttezza e buona fede, mediante istanze specifiche e circostanziate, in modo da non compromettere la gestione sociale, né ostacolare il regolare svolgimento dell’attività sociale”.
Nello specifico del caso il Tribunale delle Imprese prende atto che la richiesta di ispezione è stata formulata in modo generico e non circostanziata, non evidenziando i documenti per i quali si vuole la riproduzione, rendendo in tal modo impossibile capire la legittimità della richiesta e la sua oggettiva finalità. Agendo in tal modo, ci si pone “in contrasto con i principi di buona fede e correttezza che devono informare anche i rapporti tra socio e società, specie quando si tratta di diritti che, pur riconosciuti dalla legge, devono essere esercitati in modo conforme alla loro funzione senza abusarne”.

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